Dopo la neve, il nemico più temuto si chiama ghiaccio. Questo inverno sta trasformando marciapiedi, scale e cortili in trappole scivolose. Il consiglio per gli anziani è di evitare di uscire di casa a piedi, se non necessario, e nel caso di indossare delle scarpe, ad esempio con la “suola scolpita”, così da evitare cadute che possono avere conseguenze traumatiche per le ossa, soprattutto per quelle del bacino. Ma anche chi è più giovane può andare incontro a banali cadute sul sedere che nel tempo possono lasciare segni e provocare disfunzioni, anche gravi. L’area dell’osso sacro è, infatti, una delle più delicate della colonna vertebrale. “L’osso sacro è una sorta di scatola triangolare con dei fori laterali dai quali emergono i nervi che raggiungono le gambe, il pavimento pelvico e gli organi pelvici. La parte terminale del sacro, ovvero il coccige, è costituita da vertebre rudimentali, quello che resta della coda dei nostri progenitori, e questa formazione a punta o a ‘spina’ può rivelarsi dolorosa in molte condizioni”, spiega a Salute24 Silvia Malaguti, neurologa-neurofisiologa, che dirige insieme a Jacques Lamarche, esperto in Biomeccanica Clinica, il Centro Medico di Neurofisiologia e Biomeccanica applicata alle disfunzioni pelvi-perineali di Milano. Una banale caduta sul sedere, come può accadere in questi giorni a causa del ghiaccio, può essere l’anticamera della cosiddetta coccigodinìa, il dolore cronico alla base della colonna vertebrale, ma anche di altri problemi, come la neuropatia del nervo Pudendo o di altre disfunzioni nell’area pelvi-perineale. Molti non sanno, poi, che ci sono “soggetti che per costituzione hanno una struttura biomeccanica più a rischio”. E’ il caso delle persone molto magre, che hanno una minore capacità di assorbimento degli urti nell’area del coccige. Le donne, ad esempio, sono colpite dal dolore al coccige cinque volte più di frequente che gli uomini “e questo può avere effetti molto dolorosi durante la gravidanza e durante il parto”, ricorda Malaguti. Il punto di vista dell’osteopata – Perché si soffre stando seduti o cercando di evacuare? “Lo strato profondo della muscolatura che si estende dal coccige al pube ha la forma di una amaca”, spiega Lamarche, e in condizioni normali “il coccige costituisce una sorta di tensore di questa amaca”. Se mantiene la giusta curvatura e una buona mobilità elastica la sua presenza è utile ma impercettibile, ma “dopo un trauma come una caduta sul sedere, può spostarsi in una posizione di estrema angolazione acuta o deviare da un lato”, spiega Lamarche. Una catena di eventi, a cui si lega il modo con cui “il sacro assorbe l’urto e di conseguenza modifica la sua posizione rispetto alla colonna lombare ed al coccige stesso”. A questo punto, i rapporti tra muscolatura e ossa entrano in tilt e possono arrivare i problemi. Se il coccige inizia a far male in maniera seria, il corpo cerca il modo di evitare il dolore. Come? “In maniera involontaria – risponde Lamarche – si adatta modificando la propria postura”. Un circolo vizioso che alimenta il dolore stesso. “Il coccige può diventare una spina vera e propria e non solo per via della sua forma – aggiunge l’esperto – trasformandosi in un uncino doloroso, perché può curvarsi, in avanti o indietro, pungendo, è proprio il caso di dirlo, i tessuti circostanti e causando dolore e infiammazione”. E come se non bastasse, al dolore si aggiungono altri problemi che interessano tutta l’area del pavimento pelvico. “In casi frequenti può essere la causa scatenante di una nevralgia del Pudendo e di una neuropatia sacrale. Spesso può essere anche l’origine di disturbi di incontinenza, di vaginismo e di dolore durante il rapporto sessuale, oltre che di infiammazione generalizzata nell’area pelvi-perineale”, interviene Malaguti. Prima di tutto bisogna stabilire in che modo il trauma e il dolore possono aver modificato l’assetto posturale. “È importante – sottolinea Lamarche – un’osservazione del modo con cui la persona mantiene la posizione in piedi: la verticalità, infatti, è strettamente legata al coccige. Fondamentale è poi verificare lo stato dei muscoli che circondano il coccige, per individuare condizioni di eccessiva tensione o di eccessivo rilassamento”. Gli esami neurofisiologici servono ad inquadrare esattamente la situazione prima dell’intervento terapeutico che ha come scopo neutralizzare la causa che ha portato al dolore. “L’obiettivo terapeutico - spiega Lamarche – deve essere quello di restituire completa e duratura elasticità all’area muscolare che circonda il coccige con manovre ed esercizi mirati che agiscono sulla muscolatura, sui legamenti intorno al coccige e sull’area lombo-sacrale, ottenendo una normalizzazione della posizione e della mobilità del coccige”.Spesso non ci si pensa, ma anche alle donne che stanno progettando di avere un figlio e hanno lamentato in passato dolori nello stesso punto è raccomandato un programma di “riequilibrio delle tensioni muscolari – conclude l’esperto -, per evitare che gravidanza e parto possano intensificare la sofferenza”. di Cosimo Colasanto (17/02/2012) Articolo pubblicato su Salute24 il 17/02/2012
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Settembre 2021
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