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  Dott. Marco Paonessa, FT, D.O. Fisioterapista Osteopata ad Aosta

Dr Marco Paonessa
​FisioterapiA 
OsteopatIa

Ma perché andare dal fisioterapista costa un sacco di soldi? Ma poi, è proprio così?

19/8/2016

 
Foto
Ma perché andare dal fisioterapista costa un sacco di soldi? Ma poi, è proprio così?

Ma perché andare dal fisioterapista costa un sacco di soldi?
​Ma poi, è proprio così?

Ecco una domanda che io stesso mi sono posto quando, ancora ragazzino, andai per la prima volta da un fisioterapista. Allora, di fisioterapisti (in Italia) non ce n’erano molti. I miei genitori per curare la mia scoliosi spendevano tanti soldi e, nonostante quei trattamenti davano il loro frutti, io mi sentivo terribilmente in colpa per i costi che giudicavo esagerati. E’ stato solo dopo essere approdato dall'altra parte della "scrivania", che ho potuto rendermi conto del perché le parcelle di un fisioterapista, libero professionista, siano così alte.

Chiariamo subito che il lavoro del fisioterapista non ha un costo, non è una "cosa".

Sicuramente ha un valore. 
​

Può succedere che dopo 1 seduta o 10 sedute (se è previsto) ti ritrovi con la soluzione di un problema fisico che ti causava dolore o fastidio da molto tempo.
In questo caso il valore non è quantificabile!

Può anche accadere che, concluso il "percorso preventivo/terapeutico/educativo", tu abbia una percezione del tuo corpo che ti consente di rapportarti meglio nelle attività motorie che svolgi quotidianamente, in casa, sul lavoro o nella tua attività sportiva.Questa nuova percezione e conoscenza di te ti accompagnerà ovunque, sempre.
E anche questo non è quantificabile!
​
Pertanto il costo è percepito come elevato o meno in base al valore che si dà alla "cosa" o al servizio. Più si percepisce uno valore alto più il costo sembra basso.
"Tutte le persone conoscono il prezzo delle cose ma soltanto alcune ne conoscono il vero valore." (Oscar Wilde)

Eccovi qui di seguito un breve resoconto delle spese
​che un fisioterapista (serio) deve sostenere:

1) Il fisioterapista non è mai preparato a fare quello che deve fare. 

  Per quanto abbia studiato, ogni paziente è diverso e le varie università, scuole e teorie spesso possono fornire solo delle indicazioni generali. Perciò, quando nel tuo studio arriva il sig. Tizio, con la sua vita, i suoi problemi e i suoi sintomi, gli studi e le esperienze che hai maturato ti orientano… ma, nonostante i protocolli terapeutici e l’EBM (evidenze scientifiche), non ti forniscono nessuna mappa e nessuna guida così precisa come a volte si vuole far credere! Ogni fisioterapista deve fare costantemente i conti con una sensazione di inadeguatezza cronica che si allenta soltanto quando, come un sarto, avrà cucito il suo intervento sulle misure specifiche del sig. Tizio e lui lo avrà indossato sentendocisi bene, comodo e a suo agio. Naturalmente, questo stato di glamour difficilmente si realizza al primo colpo, perciò il fisioterapista deve sempre scucire e ricucire quello che fa, fino a individuare la linea e il modello capaci di far sentire il sig. Tizio... proprio un figurino. A quel punto, però, il lavoro è terminato e si ricomincia daccapo a vivere la sensazione di inadeguatezza, questa volta con il sig. Caio. Che avrà misure e gusti completamente diversi dal sig. Tizio. Il vissuto di incapacità cronica fa parte del nostro mestiere e ci costringe a studiare e a formarci in continuazione, nel tentativo (compulsivo) di arginarlo, almeno un poco. Le scuole di formazione costano. 

2) L’ambiente in cui un fisioterapista lavora, fa parte della cura. 

Cioè deve essere riservato, silenzioso, ordinato e accogliente, tanto da permettere ad un paziente che è una persona sconosciuta di aprirsi e raccontare i suoi disturbi, come se parlasse con un caro amico (che, in questo, caso non conosce e non ha mai visto prima). E tutto deve succedere nello spazio di sessanta minuti circa (il tempo delle sedute varia a seconda della terapia da svolgere). Se fai il fisioterapista, in un ora il tuo paziente dovrà dirti: chi è, cosa fa, cosa prova, cosa gli è successo e come ha reagito. Mentre tu dovrai fare e dirgli qualcosa che gli permetta di sentirsi meglio e di tornare a casa con un miglioramento e con degli strumenti in più. L’ambiente di lavoro perciò è fondamentale per favorire la concentrazione, l’attenzione, la confidenza e la sensibilità, sia del paziente che del fisioterapista. Non penso che per ottenere questo ci sia bisogno di arredi firmati e costosi... ma, certamente, occorre un luogo fisico silenzioso, asciutto, sufficientemente illuminato, pulito, senza odori forti, tiepido d’inverno e ombreggiato d’estate. Questo ha un costo. 

3) Quando il fisioterapista non si sente bene, non può lavorare. 

E non parlo di un raffreddore o di un’influenza. Quelle sono cose che capitano senza creare grosse difficoltà, al massimo qualche giorno di assenza. Mi riferisco ai casini che mettono K.O. il sistema sia fisico sia emotivo. Il fisioterapista (serio) per lavorare deve dimenticarsi di se stesso e concentrarsi totalmente sulle problematiche di un altro. Non può distrarsi pensando che ha litigato con sua moglie, che la mamma è ricoverata in ospedale, che il bambino deve andare a ripetizioni altrimenti rischia di perdere l’anno... cose del genere devono essere lasciate fuori dallo studio e riprese soltanto al termine della giornata lavorativa. Quando le persone soffrono, hanno una pelle in meno... e si accorgono subito della disattenzione di chi dovrebbe aiutarle! Purtroppo, vivono la distrazione del fisioterapista come una loro difficoltà e si chiudono, rendendo inefficace l’intervento e aggiungendo un’altra delusione alla lista dei loro guai (a volte già molto lunga). Perciò, per fare bene la professione di fisioterapista, non è possibile vedere tante persone tutti i giorni. Altrimenti quell'attenzione totale e partecipe comincia a svanire e la possibilità di essere d’aiuto sparisce. Questo incide sui costi. 

4) Le emozioni sono contagiose. 

Se provate a stare in compagnia di una persona ansiosa o agitata a causa del dolore e della malattia, dopo un po’ inizierete anche voi a sentirvi in ansia, mentre dopo aver trascorso del tempo con una persona depressa che parla dei suoi dolori le cose cominciano a perdere di interesse e le motivazioni si smorzano. Al contrario, stare insieme a persone allegre mette di buon umore e condividere l’entusiasmo rende esuberanti e propositivi. Passare ore e ore immersi in esperienze cariche di dolore e sofferenza, rattrista l’anima e sposta il barometro delle emozioni verso la depressione. Ogni fisioterapista ha un suo tetto massimo di tolleranza al contagio emotivo, che non può superare senza essere sopraffatto dai malesseri degli altri. Per questo motivo, un fisioterapista (serio) non può incontrare troppi pazienti ogni giorno e svolgere con loro un lavoro efficace. Nella nostra professione è necessario dosare attentamente i carichi di lavoro, selezionando (quando è possibile) situazioni diverse per gravità e sofferenza. Se si supera una certa soglia… il fisioterapista si ammala e non può curare più nessuno. Questo incide sui costi. 

5) Ci vuole molto tempo per ogni persona. 

Ogni persona ha bisogno di ricevere la giusta attenzione e dedizione. Ci vuole un tempo in cui favorire la condivisione e il racconto delle esperienze difficili, un tempo in cui stimolare la scoperta di nuovi punti di vista. Poi ci vuole un tempo per la raccolta anamnestica, un tempo per la valutazione fisica del paziente, un tempo per stabilire insieme un piano di intervento e un tempo per la terapia. Per fare tutto questo serve almeno un’ora, almeno alla prima seduta. Ma quando il paziente è andato via, occorre anche un tempo per studiare il caso (soprattutto se ha una certa complessità) scrivere e rivedere la cartella clinica e un tempo in cui abbandonare i suoi vissuti e le sue esperienze e fare tabula rasa di tutto, per accogliere una persona diversa con una storia diversa ed esperienze diverse. Un fisioterapista dedica molto tempo a ogni persona. Al contrario di altri specialisti, non può frazionare i suoi guadagni sulla quantità. Deve offrire sempre un lavoro individuale e di qualità. Questo incide sui costi. 

 In conclusione… 

Cari amici, se vi guardate intorno non potrete che darmi ragione. Nessuno è mai diventato ricco facendo il fisioterapista! I costi che dobbiamo sostenere per svolgere bene la nostra professione sono alti e il tempo in cui possiamo lavorare per guadagnare, è poco. Il nostro mestiere è affascinante e bellissimo, ma ciò che ne motiva la scelta è solamente l’emozione che si prova nel vedere un altro essere umano riprendere a stare bene, non certo la prospettiva di lauti guadagni. 
​
Dr. Marco Paonessa, FT, DO 
Fisioterapista – Osteopata
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