Si tratta di operazioni chirurgiche miniinvasive, cioé che non rimettono in discussione l'anatomia del plesso, ricostruendolo con innesti. Di conseguenza non comportano, una volta scelte, prelievi dalle gambine o dal braccio. Esse sono per lo più parti isolate di procedure già ben note e più volte eseguite nell'ambito degli interventi classici di microricostruzione.
La novità ed il loro ampliamento di indicazione negli ultimi tempi é perché in alcuni casi esse possono venire eseguite singolarmente, anche molto più tardi, ma con altrettanto successo per ciò che riguarda la reinnervazione di una funzione carente o non bene sviluppata. Le incisioni e le cicatrici sono ridotte al minimo e si va a reinnervare selettivamente solo alcuni bersagli, quelli delle funzioni mancanti. I nervi vengono collegati in sutura diretta, cioè senza interposizione di innesti nervosi. Esempi tipici di reinnervazioni selettive sono quelle per la spalla, l'accessorio-soprascapolare (che troverete anche etichettato con XI-SS in quanto l'accessorio é detto anche undicesimo nervo), e quelle per reinnervare il bicipite o il tricipite. Che cosa hanno di particolare? Il primo fatto importante é appunto la scarsa invasività, perché si limitano alle incisioni strettamente necessarie per esporre la regione del plesso. L'XI-SS poi, in particolare, che é quella eseguita di gran lunga più frequentemente, è veramente miniinvasiva perché comporta una incisione trasversale quasi invisibile e, in mani esperte, é di rapida e sicura esecuzione. Il secondo fatto molto interessante é che ora si sa che queste reinnervazioni possono essere eseguite anche tardivamente, ed in particolare in bambini osservati per la prima volta ben oltre i tre mesi di età. In alcuni casi poi é stato riportato un valido risultato anche su bambini in età scolare. Questo non deve essere però sfruttato per rimandare la chirurgia nelle paralisi dove vi é una chiara mancanza di funzione, come nelle paralisi totali panavulsive, quelle cioé dove il chirurgo raccomanda di intervenire precocemente. Il loro campo di applicazione é quasi esclusivamente nelle paralisi C5-C6 e C5-C6-C7 dove, per qualunque motivo, si é avuto un recupero incompleto con il salto di una funzione. Nel particolare, la reinnervazione XI-SS, (per la extrarotazione di spalla) può essere in grado di evitare al paziente l'esecuzione di uno o più interventi di chirurgia secondaria sui tendini e sui muscoli, quelli che servono cioè a contrastare la contrattura in intrarotazione.
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Le paralisi ostetriche di plesso brachiale
Questo evento, che nei paesi ad alto livello sanitario é di circa 1/1000-1500 nuovi nati, va considerata una vera e propria patologia da parto. Si verifica di solito in presenza di complicazioni non previste, che insorgono nell'ultima parte del travaglio e che costringono ad una rapida esecuzione delle manovre di espulsione. Sindrome del tunnel carpale
Si tratta di una neuropatia del nervo mediano che risente di una compressione nella regione immediatamente a valle del polso, cioè nel canale del carpo. Il canale carpale è costituito da un letto osseo con le pareti a forma di galleria rovesciata, e nella quale corrono i 9 tendini flessori ed il nervo mediano. Il tetto del canale è costituito da una spessa fascia di tessuto, che tiene uniti i due principali gruppi muscolari della mano, e che si chiama legamento trasverso del carpo. Il volume del contenitore, quindi, non può variare, e quando le strutture contenute, in genere i tendini, aumentano di volume, lo fanno a spese del nervo che non é in grado di reagire e si deforma assottigliandosi. Le possibilità di trattamento sono quelle di ridurre il volume dei tendini (spesso le guaine di rivestimento si ispessiscono a causa del superlavoro ed in età menopausale) o aumentare lo spazio del canale del carpo. In rare circostanze è possibile ridurre in modo permanente il volume dei tendini con un trattamento farmacologico (ad es. in una malattia dell'ipofisi chiamata acromegalia) ma, nella maggioranza dei casi, l'aumento di spessore delle guaine tendinee è irreversibile, per cui si deve dare spazio al nervo mediano ampliando il diametro del canale carpale. Ciò si ottiene aprendone il tetto (sezionando cioè il legamento trasverso del carpo) attraverso un piccolo intervento chirurgico. Il ruolo dell'infiltrazione (con steroidi o con ozono) è temporaneo e può essere indicato nelle situazioni in cui le cause responsabili della sindrome si prevedono avere durata limitata, come, ad esempio, una sindrome del tunnel carpale scatenato dalla gravidanza e, per l'uomo, da un periodo di attività lavorativa manuale particolarmente usurante ma non definitivo. L' intervento si esegue in giornata ed in anestesia locale. Può essere portato a termine con tecnica endoscopica o con miniincisione in visione microscopica. I risultati sono gli stessi con entrambe le tecniche. Si ringrazia plexus.it per l'articolo Una Double crush syndrome si verifica quando vi è coesistenza di multipli siti di compressione lungo in decorso di un nervo: interessa prevalentemente le radici cervicali o il plesso brachiale e un nervo periferico. Il termine fu coniato agli inizi degli anni settanta da Upton e MacComas, che furono i primi a suggerire che una compressione a monte potesse ridurre la capacità di un nervo a sopportare anche un possibile sito di intrappolamento a valle.
Le basi patofisiologiche di questa patologia non sono tuttora ben identificate, ma sembra entrino in causa svariati fattori, fra i quali la compromissione del flusso assonale, la comparsa di un edema endoneurale, una ridotta elasticità della struttura neurale e la possibilità di una coesistente patologia del tessuto connettivo. E' inoltre clinicamente ben dimostrato che condizioni di neuropatia periferica sistemica, come ad esempio nei pazienti affetti da diabete mellito, predispongano all'insorgenza della sindrome. Esempi clinici di una double crush syndrome con interessamento del mediano sono dati dall'associazione di radicolopatia cervicale e sindrome del tunnel carpale, sindrome dell'egresso toracico e tunnel carpale oppure, di gran lunga più raramente, sindrome dei pronatori e sindrome del tunnel carpale. Nei casi di interessamento dell'ulnare, descriviamo una radicolopatia cervicale associata ad intrappolamento del nervo ulnare al canale cubitale, la sindrome dell'egresso toracico e del canale cubitale, la sindrome da intrappolamento al canale cubitale e al canale di Guyon. Infine, per il nervo radiale, una double crush syndrome risulta dall'associazione tra una radicolopatia cervicale e una sindrome del tunnel radiale, anche se, in questo caso, va attentamente considerata la possibilità di una neuropatia a blocchi multifocali. La presentazione clinica é data dall'associazione di sintomi dovuti alle due patologie, spesso con sovrapposizione dei disturbi. Un esame neurologico rigoroso deve sempre condurre a sospettare la coesistenza delle due patologie. Fondamentale risulta anche uno studio neurofisiologico (elettromiografia-elettroneurografia) accurato, per poterle differenziare da due sindromi neurologiche che possono in qualche modo ricordarle come presentazione clinica: la neuropatia tomaculare e la neuropatia a blocchi multifocali. L'associazione del dato clinico con i risultati della diagnostica neurofisiologica consente di valutare se vi é indicazione chirurgica e a quale livello. Il timing chirurgico, quando vi é indicazione, é ovviamente in relazione alla gravità dei disturbi lamentati e dalla loro persitenza nel tempo. Qualora entrambi i siti di compressione risultassero di interesse chirurgico, si conviene di cominciare con la procedura più probabile o, in caso di assoluta pari importanza, da quella meno invasiva. La double crush syndrome probabilmente più frequente é quella data dall'associazione tra radicolopatia cervicale e sindrome del tunnel carpale. E' da sottolineare che tale associazione sembra essere statisticamente di estrema rilevanza, considerando che in oltre il 75% dei pazienti con sindrome del tunnel carpale vi é coesistenza di disturbi legati ad artrosi cervicale. Questa eventualità deve essere quindi sempre considerata dal medico. Nell'esaminare una paziente affetta da sindrome del tunnel carpale: ad un'attenta anamnesi spesso verranno riferiti, oltre alla sintomatologia algo-parestesica tipica della STC, anche cervicalgia con rigidità cervicale e irradiazione dolorosa al cingolo scapolo-omerale. Poiché nella stragrande maggioranza dei casi, il quadro cervicale non risulta di interesse chirurgico, un trattamento operativo viene riservato solo all'intrappolamento del mediano al tunnel carpale. Le altre forme di double crush syndrome statisticamente più frequenti sono le associazioni tra egresso toracico, tunnel carpale e tunnel cubitale (entrapment del nervo ulnare al gomito) in variabile combinazione tra loro. Si ringrazia plexus.it per l'articolo La sindrome dell'Egresso Toracico (Thoracic Outlet Syndrome o T.O.S)
Vi sono due modi in cui questa sindrome si presenta. La sindrome deficitaria é caratterizzata da ipotrofia e debolezza progressiva dei muscoli della mano avente caratteristiche miste da deficit di nervo mediano e nervo ulnare (vedi figura di sin.) Tale esordio é tuttavia abbastanza raro, mentre molto più frequente é la presentazione della sindrome irritativa ad obbiettività normale. A volte, il quadro può presentarsi in associazione ad altri entrapment dell'arto superiore (sindrome da compressione multipla). Si tratta, in questo caso, di una diagnosi da molti definita "virtuale". Il motivo principale é che questa sindrome si manifesta senza che sia possibile ottenere da un esame strumentale (Risonanza Magnetica,TAC, ecografia) una conferma inequivocabile della sua presenza. E' una diagnosi che avviene sulla base della raccolta della storia clinica, sulla esclusione di altre patologie a presentazione analoga e, solo in rari casi, può risultare dall'elettromiografia. Tuttavia la sindrome esiste, eccome. Lo confermano i numerosi pazienti operati sulla base del solo quadro clinico e che hanno tratto giovamento dalla chirurgia. Cause: la sindrome dipende dalla compressione delle ultime radici del plesso brachiale (C8 e T1) che sono compresse e tenute ancorate alla 1a costola e alle strutture vascolari. Si riconoscono cause idiopatiche (non si trova una alterazione radiologica atta a spiegarla), cause secondarie a pregressi traumi o a evidenti proliferazioni anomale di tessuto nella regione, quali la proliferazione di un processo costale esuberante (vedi figura a dx) da cui spesso parte una banda fibrosa anomala che comprime le radici C8 e T1 insieme all'arteria succlavia (vedi nel roll-over della stessa figura l'arteria e le radici C8 e T1 dopo la liberazione). Sintomi: esistono un quadro raro, con importanti deficit neurologici (vedi foto in alto a sin) dove tipicamente i dolori sono pochi o del tutto assenti ed il paziente si avvede del deficit neurologico e solo dopo avverte che effettivamente la mano é più impacciata. Ben più frequente é la sindrome irritativa, in cui deficit neurologici non sono presenti ma il/la paziente avverte dolori al collo, al braccio misti a formicolii alle ultime dita della mano, pesantezza a lavorare con l'arto ed a portare pesi. Il dolore può scendere anche alla regione scapolare e la mano può apparire più gonfia e scura. Trattamento: può essere conservativo con ginnastica sotto la guida di un fisioterapista e da un osteopata che illustri al paziente eventuali anomalie posturali responsabili dei disturbi. Noi siamo soliti dissuadere dal ricorrere subito alla chirurgia perché il disturbo deve essere abbastanza duraturo, perché si abbia con certezza la sindrome. L'intervento consiste in una liberazione per via sopraclavicolare della parte alta del plesso brachiale e della arteria succlavia mediante sezione delle strutture muscolo fasciali che li tengono ancorati alla prima costa. Se eseguito da mani esperte l'intervento non presenta particolari rischi ed ha percentuali di successo attorno al 90%. Si ringrazia plexus.it per l'articolo Se non fossero coinvolte tante persone innocenti e disperate sarebbe da ridere. Mi auguro che un risveglio globale delle coscienze possa porre fine a questi abomini. Non è da poco che l’OMS ha classificato la chemioterapia come agente cancerogeno, ma la notizia rimbalza nuovamente da quando il governo ci ha stupiti con la discutibile scelta di attribuire i costi di due farmaci anti-tumorali direttamente al paziente e non più alla sanità pubblica, per un costo di circa 3 mila euro a settimana. A questo punto i cittadini cominciano a chiedere maggiori risposte alla comunità scientifica che il più delle volte appare spaccata al suo interno e ricca di contraddizioni come quella relativa alle posizioni dell’OMS sull’uso dei farmaci chemioterapici. |
ATTENZIONE LEGGEREIl dottor Paonessa non rilascia AutoriMarco Paonessa Archivio
Settembre 2021
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