DOTT. MARCO PAONESSA, FISIOTERAPISTA OSTEOPATA - AOSTA - IMPERIA
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Fisioterapia per la vulvodinia: cos'è e come curarla

14/6/2021

 

Fisioterapia per la vulvodinia: cos'è e come curarla

In questo articolo parleremo di come affrontare con la fisioterapia per la vulvodinia questo tipo di problematica.
Iniziamo a definire meglio cosa si intende per vulva: 
La vulva è la terminazione e l’apertura esterna degli organi genitali femminili esterni, situata nella parte anteriore del perineo, al centro di un complesso di formazioni cutanee di protezione, concentriche l’una all’altra, la più interna delle quali delimita una piccola cavità, detta vestibolo della vagina, nella quale si apre il canale vaginale.

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TECAR terapia: effetto rebound

14/6/2021

 

TECAR terapia: effetto rebound

Anche quando si parla di tecarterapia, nonostante non ci sia la trasmissione di farmaci, possono presentarvi dei sintomi indesiderati. Possiamo limitare il malumore e il malessere del paziente, agendo in due modi:
  • Dando al soggetto una serie di indicazioni sul post trattamento tecar (ne abbiamo già parlato in un altro articolo che ti consiglio alla fine di questo).
  • Adottando la strategia esecutiva corretta, durante la seduta stessa di fisioterapia.
Ma cosa si intende con effetto indesiderato Rebound post tecarterapia?
Con effetto Rebound si intende l’incremento di stimolazione neurologica nella zona trattata per stasi di liquidi e particelle di ioni (cariche elettriche) apportate dal fisioterapista durante il trattamento di tecarterapia;
Questo effetto può avere una durata variabile tra le 24 e le 36 ore.
Ci sono alcuni casi  in cui il paziente, dopo la seduta di tecarterapia, richiama in studio per parlare al fisioterapista comunicandogli di aver subito una riacutizzazione del dolore o addirittura un ritorno al dolore iniziale, simile a quello presente prima di iniziare le terapie con la Tecar.

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Come funziona la TECAR terapia

14/6/2021

 

Come funziona la TECAR terapia

Il dispositivo tecar è un elettromedicale in grado di accelerare le capacità di recupero del corpo. Proprio per questo, la terapia con tecar è una metodica che trova ampia applicazione nella medicina sportiva e in fisioterapia. Questa terapia non introduce farmaci o energia dall’esterno e, dunque, ha una bassa probabilità di peggiorare la patologia esistente.
Ovviamente la buona riuscita della tecarterapia dipende dalla bravura del fisioterapista. È importante, infatti, che il fisioterapista faccia una buona diagnosi al fine di ottenere un ottimo risultato quanto prima. La tecar, dunque, se ben utilizzata può solo migliorare una condizione patologica e non renderla peggiore.
Un aumento dei sintomi dolorosi può essere, invece, dovuto ad un’errata diagnosi o ad un’errata applicazione della terapia con tecar.
Come funziona il dispositivo tecar?La tecarterapia è una terapia di tipo elettromedicale che viene utilizzata per riparare i tessuti, alleviare il dolore muscolare e articolare, sgonfiare zone gonfie o in ritenzione di liquidi. Molto adatta anche per velocizzare la cura di traumi e infiammatorie dell’apparato muscolo-scheletrico.
La capacità della tecar è quella di abbreviare i tempi di recupero (fino a dimezzarli) e di riabilitazione, riattivando processi auto-riparativi del corpo umano, senza trasmettere farmaci!
In particolare si tratta di una terapia basata sulla produzione energetica endogena che ha come effetto secondario la termoterapia.
Dunque, l’obiettivo primario di questo trattamento è quello di riparare i tessuti spostando le particelle ioniche già presenti all’interno dei tessuti stessi. Grazie al movimento, e all’aumento di concentrazione delle particelle ioniche, il tessuto riesce a riattivare dei meccanismi fisiologici di guarigione. Questo movimento, inoltre, avrà come conseguenza la produzione di calore endogeno che allevia il dolore e ammorbidisce i tessuti facilitando così anche la terapia manuale.
In che modalità si può usare la tecarterapia?Esistono due modalità operative della tecarterapia che si differenziano in base al manipolo utilizzato:
  • Capacitiva
  • Resistiva
Quello che cambia tra la tecarterapia usata in capacitivo e resistivo è il tessuto su cui si agisce, ma più nel dettaglio, lo stato di idratazione del tessuto stesso.
  • La tecarterapia capacitiva, infatti, agisce sui tessuti idratati e superficiali come, ad esempio, i muscoli.
  • Il resistivo, invece, è adatto per i tessuti più duri, poco idratati e profondi.
Quali sono gli effetti biologici della tecarterapia?Questa particolare terapia ha tre effetti biologici che sono:
  1. Aumento del microcircolo (circolazione capillare).
  2. Vasodilatazione (circolazione arteriosa e venosa profonda).
  3. Aumento della temperatura (termoterapia indotta).
Questi effetti dipendono dalla potenza, ovvero dalla quantità di energia con cui sta funzionando il dispositivo tecar. Impostando, infatti, un livello energetico basso si otterrà un incremento del microcircolo, mentre, impostando un livello energetico medio si otterrà una vera vasodilatazione. Per ottenere, invece, un aumento della temperatura interna è necessario impostare il dispositivo ad un livello d’erogazione energetica più alto ancora. Per ottenere questi effetti, la potenzia varia in base alla:
  • Distanza della piastra dal manipolo (vale solo col resistivo)
  • Stato di idratazione del tessuto
  • Quantità delle masse corporee
  • Ciò significa che non sempre chi si sottopone alla terapia proverà calore ed ipertermia a parità di potenza utilizzata.
Quale potenza e come impostare la tecarterapia dipende sostanzialmente dall’effetto biologico che il fisioterapistsa desidera ottenere. Ogni caso è a se e come tale deve essere valutato e trattato.
Perché preferire la tecar rispetto ad altre soluzioni?Il dispositivo tecar, come accennato in precedenza, non trasmette energia dall’esterno e non introduce sostanze ne farmaci. La stimolazione che si effettua con questo tipo di terapia è del tutto endogena rispetto a ciò che avviene con altre tecnologie come il laser. In questo modo, dunque, i tessuti che non hanno bisogno di essere trattati potranno essere preservati. Ciò rende questa tecnica del tutto sicura.
Dunque, fa male sottoporsi a sedute di tecarterapia? La risposta è no. Numerosi studi, infatti, hanno dimostrato che le cellule soggette a terapia con sistema tecar per 24 ore non riportano danni cellulari.
Articolo del dott. Fabio Marino
Fonte
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​​Vaginismo: quando il corpo ci priva del sesso

12/5/2021

 

​​Vaginismo: quando il corpo ci priva del sesso

Si dice che molti medici non abbiano familiarità con la condizione, costringendo le donne a sperimentare questo disturbo in silenzio. Esistono, tuttavia, delle soluzioni.
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Valérie (nome di fantasia) non ha mai avuto un rapporto sessuale, o niente del genere, del resto. Anche se lo desidera disperatamente, niente riesce ad entrare. I suoi muscoli bloccano ogni penetrazione. Ha il vaginismo. Ma c'è speranza che venga risolto, affermano gli specialisti. Primo piano sulla condizione che complica la vita sessuale di molte donne.

Ma che cos'è? ... continua a leggere --->


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Discopatie

26/4/2021

 
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ERNIA DEL DISCO O PROTRUSIONE?
Che dolore !
Il disco intervertebrale può essere paragonato ad un cuscinetto di ammortizzazione situato tra le nostre vertebre. Questo è costituito da una zona centrale gelatinosa (composta per 85% da acqua) che attutisce i colpi, i carichi quotidiani ed i movimenti di rotazione ed inclinazione delle vertebre ed una parte periferica fibrosa.
Spesso durante il giorno, a causa degli stimoli a cui sottoponiamo i dischi, questi riducono il loro spessore, mentre la notte lo riacquistano. Ciò avviene perchè il disco è irrorato da alcuni piccoli vasi sanguigni, tramite cui elimina sostanze di rifiuto e liquidi e recupera sostanze nutritive e liquidi grazie alle variazioni di pressione che avvengono durante i movimenti della colonna. Lo sapevate?
Il sovraccarico, causato da posture errate, porta il disco a non riuscire più a recuperare il liquido perso disidratandosi definitivamente. Questo può essere alla base di dolori, artrosi, schiacciamenti vertebrali.
Posture errate e traumi sono alla base di diverse degenerazioni del disco e quindi di PROTRUSIONI o di ERNIE DEL DISCO.
Ma quali sono le differenze?
In entrambi ci sono forti dolori di schiena, colpi della strega, desensibilizzazione, perdita di forza e di riflessi.
Ma...
La protrusione è caratterizzata da un processo di degenerazione del disco che a causa di un trauma o di eccessivo carico, spinge contro la parte fibrosa deformandola. Questa deformazione avviene quasi sempre verso la parte posteriore.
La protrusione è un processo che, se preso in tempo e curato con esercizi specifici associati ad esercizi di rinforzo muscolare ( rieducazione posturale) e terapia manuale ( massaggi) ,può stabilizzarsi e non evolvere in ernia! Per questo va presa in tempo .
...L' ERNIA del disco è un'evoluzione di una protrusione o una degenerazione dovuta ad un trauma. Le cause sono simili a quelle di una protrusione, ma l'evoluzione è diversa. Perché?
Mentre la protrusione è una degenerazione meno grave del disco, l'ernia è un'alterazione definitiva che può richiedere l'intervento chirurgico.
Nell'ernia si instaura un danno anatomico dell'anulus fibroso, che si rompe sotto la spinta del nucleo polposo, esce fuori e va a comprimere le strutture nervose. In questo caso, il dolore è evidente e spesse volte, nei casi più gravi, si ricorre all' operazione chirurgica.
Prevenire è meglio che curare
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Dolore al ginocchio

14/4/2021

 
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Dagli adolescenti alle persone anziane, il dolore al ginocchio può interessare moltissime categorie di pazienti differenti.
Questo avviene perché, sebbene esistano ovviamente dei fattori di rischio comuni, sono diverse le condizioni e le patologie che possono determinare un tale sintomo.
Le patologie che possono essere responsabili del dolore sono molte e molto diverse fra loro: da una semplice tendinite, che può colpire a qualsiasi età ed è di solito causa di dolori solo nel corso dell’attività fisica, alla lesione del menisco o del legamento crociato anteriore, fino alla gonartrosi che è presente in moltissimi fra i pazienti meno giovani.
Anche alcune patologie autoimmuni e del metabolismo [come la gotta, il lupus, le varie forme di artrite ed il diabete] possono essere determinanti nella genesi del problema ed intensificarne effetti e sintomi.
𝐃𝐢𝐬𝐭𝐨𝐫𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐠𝐢𝐧𝐨𝐜𝐜𝐡𝐢𝐨
Il meccanismo che provoca la distorsione, in genere, è una torsione del ginocchio verso l’esterno o verso l’interno.
A seguito di un movimento scorretto o di un colpo particolarmente violento, si può infatti verificare un trauma che, pur non lesionando completamente uno [o più] dei legamenti che stabilizzano il ginocchio, provoca un danno che causa dolore.
Non è raro un trauma del genere in sport cui sono previsti cambi di direzione repentini, come, ad esempio, nello sci o nel tennis: questi movimenti possono portare ad una torsione eccessiva della gamba, che va tenuta sotto controllo immediatamente.
𝐀𝐫𝐭𝐫𝐢𝐭𝐞 𝐞 𝐀𝐫𝐭𝐫𝐨𝐬𝐢
Si tratta di due termini che sono spesso confusi fra loro ed indicano condizioni differenti [che purtroppo possono coesistere].
L’artrosi è una condizione patologica che determina il deterioramento delle cartilagini che normalmente servono proprio a ridurre l’attrito fra le superfici articolari.
Il deterioramento delle cartilagini può essere una conseguenza del normale processo di invecchiamento dei tessuti oppure di traumi o sovraccarichi di lavoro.
L’artrite è invece una malattia autoimmune, le cui cause non sono ancora state perfettamente chiarite. Può colpire chiunque, a qualsiasi età, anche se è più diffusa nel sesso femminile ed in età avanzata. Scatena l’infiammazione delle articolazioni, alimentando sintomi dolorosi.
Può arrivare a determinare la deformazione delle articolazioni che “attacca” con ovvie ripercussioni sulla qualità della vita di chi ne è affetto.
𝐋𝐞𝐬𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐦𝐞𝐧𝐢𝐬𝐜𝐚𝐥𝐢
Le patologie meniscali, come la rottura di un menisco, ha essenzialmente origine traumatica.
Il menisco è sostanzialmente una guarnizione che serve per proteggere la cartilagine e favorisce la cinetica del ginocchio; la medicina e la chirurgia si sono molto evolute nel tempo e – ad oggi – l’approccio è molto più conservativo per questo tipo di lesioni.
Mentre in passato bastava una diagnosi di menisco lesionato o degenerato, attraverso risonanza magnetica, per eliminare chirurgicamente il menisco, oggi si cerca di essere selettivi, cercando di suturarlo.
L’operazione di rimozione avviene oggi solo in presenza di lesioni instabili e di blocchi articolari o, ancora, si cerca di procedere con una meniscectomia selettiva, cercando di ricreare il più possibile la forma anatomica del menisco stesso.
𝐋𝐞𝐬𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐥𝐞𝐠𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨𝐬𝐞
La rottura del legamento crociato anteriore viene oggi riparata con tecniche ricostruttive sempre più innovative che portano ad un recupero intorno al 100%.
Una volta si tendeva ad operare soltanto gli atleti sportivi professionali: oggi le indicazioni si sono molto allargate in quanto anche persone di una certa età che praticano sport e che quindi hanno un’esigenza funzionale importante, possono sottoporsi a questo intervento di ricostruzione legamentosa.
Soprattutto in un chirurgo che crede molto nella ricostruzione artroscopica quest’intervento viene fatto per ridare una stabilità il più possibile anatomica al ginocchio, e per evitare eventuali deformazioni artrosiche che possono portare all’artrosi di ginocchio e alla protesica.
Ricostruire un crociato in una persona – indipendente dall’età – con delle esigenze funzionali importanti e una buona cartilagine, può salvare il ginocchio dall’artrosi.
𝐈𝐥 𝐦𝐞𝐭𝐨𝐝𝐨 𝐏.𝐎𝐋.𝐈.𝐂.𝐄.
Oggi vogliamo invece concentrarci su cosa fare per rimediare al dolore al ginocchio lieve, analizzando in particolare un metodo comunemente usato in questi casi, ovvero il metodo P.OL.I.C.E.
⟶ 𝐏 = 𝐏𝐫𝐨𝐭𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞
Proteggere [senza immobilizzare definitivamente] l’area infortunata per evitare ulteriori danni ai tessuti. Questo può avvenire, ad esempio, utilizzando delle stampelle;
⟶ 𝐎𝐋 = 𝐎𝐩𝐭𝐢𝐦𝐚𝐥 𝐋𝐨𝐚𝐝𝐢𝐧𝐠 [𝐂𝐚𝐫𝐢𝐜𝐨 𝐨𝐭𝐭𝐢𝐦𝐚𝐥𝐞]
Ovvero stimolare il processo di guarigione dei tessuti danneggiati con la giusta quantità di carico e di attività. Questo è il punto chiave del nuovo protocollo, che si discosta dalla più vecchia ipotesi di riposo assoluto. È compito dell’équipe riabilitativa indicare quale sia tale quantità di carico;
⟶ 𝐈 = 𝐈𝐜𝐞 [𝐠𝐡𝐢𝐚𝐜𝐜𝐢𝐨]
Avvolgere del ghiaccio in un telo e metterlo a contatto con il ginocchio. La bassa temperatura ridurrà l’infiammazione causata dall’aumento del flusso sanguigno. Si consiglia di tenere in posizione il ghiaccio sul ginocchio per non più di 20 minuti consecutivi e per un minimo di 3 volte al giorno;
⟶ 𝐂 = 𝐂𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞
Applicare una medicazione alla zona colpita aiuterà a ridurre l’infiammazione e il gonfiore che ne risulta.
Una volta bendata l’area, bisogna assicurarsi che la fasciatura non sia troppo stretta e che quindi il ginocchio non si senta costretto, ma possa mantenere una certa mobilità.
Nel caso in cui la medicazione risultasse troppo stretta, consigliamo di applicarla nuovamente e di utilizzare una benda elastica [non plastica];
⟶ 𝐄 = 𝐄𝐥𝐞𝐯𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞
Sembra un classico rimedio della nonna, ma mantenere il ginocchio distorto in posizione elevata può davvero aiutare ad alleviare il dolore.
L’ideale sarebbe posizionare il piede su una superficie morbida ad una altezza più alta del cuore. In presenza di infiammazione il corpo tende a far arrivare il sangue al sito infiammato. Facendo defluire il sangue, mantenendo la gamba elevata, si allevia l’infiammazione allontanando i mediatori chimici dell’infiammazione.
La fisioterapia è molto importante

Dolore alla spalla

12/4/2021

 
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Il dolore alla spalla è uno dei sintomi più comuni nelle persone che hanno superato i 40 anni di età: per diffusione nella popolazione è secondo solo al mal di schiena.
𝐈𝐧𝐭𝐫𝐨
Può essere di intensità differenti, manifestandosi come un leggero fastidio quando si muove il braccio, oppure come un dolore intenso presente anche di notte, di solito accompagnato da una limitazione dei movimenti.
𝐂𝐚𝐮𝐬𝐞
La causa più frequente del dolore alla spalla è l’infiammazione di uno [o più] tra i tendini che permettono la maggior parte dei movimenti del braccio.
Questi tendini sono quattro:
il sovraspinato;
il sottoscapolare;
il piccolo rotondo;
il sottospinato.
A questa si aggiungono le 5 principali patologie:
⟶ sindrome da impingement;
⟶ tendinite calcifica;
⟶ lesione alla cuffia dei rotatori;
⟶ spalla congelata;
⟶ lussazione.
𝐒𝐢𝐧𝐭𝐨𝐦𝐢
Spesso il dolore sveglia di notte e nessuna posizione sembra dare sollievo; oppure si manifesta nel compiere movimenti normalissimi, come sollevare il braccio per prendere un barattolo o indossare la giacca.
Una volta escluso che i sintomi possano derivare da una causa non meccanica [ad esempio l’artrite reumatoide, una patologia autoimmune che può determinare dolore articolare], identificare la sede del dolore con l’aiuto di uno specialista ci può essere d’aiuto nel comprendere quale sia il rimedio più opportuno da adottare per risolvere il problema.
Il dolore può infatti interessare diverse parti della spalla:
⟶ localizzato sul lato esterno, riguarda spesso la cuffia dei rotatori e può essere causato da borsite o tendinite;
⟶ nella parte posteriore può interessare il muscolo trapezio: talvolta scaturisce da una borsite o da una contrattura muscolare;
⟶ nella parte anteriore può derivare da una tendinite o dalla sindrome di impingement ed è spesso conseguenza di problemi nell’articolazione con il bicipite;
⟶ nella parte superiore riguarda solitamente muscoli, cartilagine o legamenti e può essere di natura infiammatoria.
𝟑 𝐞𝐬𝐞𝐫𝐜𝐢𝐳𝐢 𝐝𝐢 𝐩𝐫𝐞𝐯𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞
Uno studio ha dimostrato come l’esercizio fisico regolare abbia effetti benefici pari, o superiori, all’assunzione di farmaci antinfiammatori [FANS].
Dedicare 10/15 minuti alla salute delle proprie spalle può essere utile sia a chi è nella fase di riabilitazione da un infortunio, sia a chiunque voglia lavorare sulla prevenzione di simili problemi.
𝟏° 𝐞𝐬𝐞𝐫𝐜𝐢𝐳𝐢𝐨: 𝐢𝐥 𝐩𝐞𝐧𝐝𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐢 𝐂𝐨𝐝𝐦𝐚𝐧
È un esercizio che ha un obiettivo chiaro: aumentare lo spazio tra la testa dell’omero e l’acromion della spalla in modo da permettere ai muscoli e ai tendini – in particolare al sovraspinato – di non essere compressi, scivolare in modo naturale, e alle braccia di compiere movimenti completi senza avvertire dolore.
Per effettuare l’esercizio, bisogna appoggiarsi a un tavolo o sdraiarsi proni, ossia a pancia in giù, avendo l’accortezza di tenere il braccio fuori dal letto.
Se possibile, sarebbe meglio indossare una polsiera con un peso di circa mezzo chilo; in alternativa è possibile impugnare una bottiglietta d’acqua sempre dello stesso peso.
A questo punto bisogna effettuare dei movimenti circolari, come se il braccio fosse un pendolo, appunto.
Bisogna eseguirlo per circa 2 minuti in senso orario e 2 minuti in senso antiorario, 3 volte al giorno.
𝟐° 𝐞𝐬𝐞𝐫𝐜𝐢𝐳𝐢𝐨: 𝐬𝐨𝐥𝐥𝐞𝐯𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐛𝐫𝐚𝐜𝐜𝐢𝐨 𝐬𝐮𝐥 𝐩𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐬𝐜𝐚𝐩𝐨𝐥𝐚𝐫𝐞
Da seduti, con la schiena aderente allo schienale della sedia o comunque diritta, impugnare il manubrio [o la bottiglia d’acqua] tenendo il braccio teso e sollevarlo fino al piano delle spalle.
È importante non tenere il braccio troppo parallelo allo schienale ma nemmeno troppo frontale: circa a metà fra queste due posizioni sarebbe l’ideale.
Come per il precedente esercizio, va bene ripetere il movimento 10 o 15 volte, per tre serie, con due minuti di riposo fra l’una e l’altra.
𝟑° 𝐞𝐬𝐞𝐫𝐜𝐢𝐳𝐢𝐨: 𝐚𝐥𝐥𝐮𝐧𝐠𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐩𝐞𝐭𝐭𝐨𝐫𝐚𝐥𝐞
Lo stretching [allungamento muscolare] può essere utile per smorzare i sintomi dolorosi.
Da sdraiati proni [pancia in giù] stendere completamente il braccio interessato, in modo che aderisca al terreno, con il palmo della mano rivolto verso il basso.
Con l’altro braccio, spingere progressivamente in modo da sollevare la spalla opposta a quella del braccio dolente, in modo da “stirare” gradualmente l’intera muscolatura dell’arto.
L’ideale sarebbe mantenere la posizione per 20-40 secondi ma è necessario fare attenzione: se quest’esercizio risulta troppo doloroso è bene lasciar perdere subito ed attendere che i muscoli siano nella condizione adatta per tornare a metterlo in pratica.

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9/4/2021

 
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𝐂𝐡𝐞 𝐜𝐨𝐬'𝐞̀ 𝐥𝐚 𝐬𝐩𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐠𝐞𝐥𝐚𝐭𝐚?
La spalla congelata è una patologia infiammatoria molto dolorosa della spalla.
Ma perché, se solitamente un'infiammazione viene associata al caldo, in questo caso avviene il contrario e addirittura si associa al congelamento?
Presto detto: l'infiammazione causa un ispessimento del tessuti così doloroso che il nostro organismo mette in atto un meccanismo di autodifesa che di fatto blocca [congela] la spalla, prevenendo l'aggravarsi della lesione.
𝐐𝐮𝐚𝐥𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐥𝐞 𝐜𝐚𝐮𝐬𝐞?
Le cause sono da ricercarsi nella correlazione con:
⟶ patologie primarie come il diabete, malattie autoimmuni, malattie della tiroide;
⟶ patologie secondarie come una lesione tendinea della cuffia dei rotatori;
⟶ somatizzazione di alcune patologie psicologiche.
𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐨 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞𝐫𝐥𝐚?
I due sintomi più importanti e comuni sono:
⟶ dolore intenso, soprattutto di notte,
⟶ difficoltà a compiere movimenti.
Il dolore di solito si concentra nella parte superiore della spalla ma può estendersi all’intero distretto anatomico, anche perché la spalla congelata può essere conseguenza di un trauma subito o del deterioramento di alcune delle strutture anatomiche circostanti, come per esempio la cuffia dei rotatori.
I sintomi dolorosi all’inizio della patologia di solito sono legati al movimento del braccio, ma nelle fasi successive possono manifestarsi anche a riposo.
Non sono pochi i pazienti che considerano estremamente fastidioso il disturbo che può recare al sonno, costringendo chi è affetto dalla capsulite adesiva a prestare molta attenzione alla posizione in cui dorme per non essere svegliato dal dolore a seguito di un involontario movimento “sbagliato”.
𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐞𝐯𝐨𝐥𝐯𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐭𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐚?
La spalla congelata solitamente segue un decorso che si può riassumere in tre fasi:
⟶ la fase detta di “raffreddamento”, durante la quale la spalla perde progressivamente mobilità ed il dolore aumenta. Può durare da sei settimane a nove mesi;
⟶ la fase detta “congelamento”, durante la quale il dolore migliora leggermente ma la rigidità articolare è al massimo. Il raggio dei movimenti possibili è minimo e in genere si verifica dai quattro ai nove mesi;
⟶ la fase detta di “disgelo”, dalla durata molto variabile [tra i sei mesi ed i due anni], durante la quale il dolore e la rigidità dell’articolazione si risolvono lentamente.
𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐨 𝐜𝐮𝐫𝐚𝐫𝐥𝐚?
Il movimento può essere recuperato attraverso un buon protocollo rieducativo che include – molto spesso – l’intervento chirurgico in artroscopia di liberazione a 360°della capsula [capsular release] intorno alla glena, facendo di fatto recuperare il movimento articolare.
Se la spalla congelata è associata a una lesione tendinea, è possibile comunque risolvere entrambe le patologie in un unico atto operatorio.
In buone mani chirurgiche e in buone mani fisioterapiche si può dunque eseguire, in un unico atto, sia la riparazione del tendine, quindi la causa principale che porta al blocco della spalla, sia “sbloccare” la spalla stessa.
Successivamente è fondamentale la fisioterapia
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Spalla: la cuffia dei rotatori

7/4/2021

 
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La #cuffia_dei_rotatori della spalla, è costituita da 4 muscoli [e relativi tendini]:
⟶ sovraspinato [superiormente];
⟶ sottoscapolare [anteriormente];
⟶ sottospinato [posteriormente];
⟶ piccolo rotondo [posteriormente].
Tra i quattro muscoli che compongono la cuffia dei rotatori, il #sovraspinato è quello che si lesiona più frequentemente.
In realtà quando si parla di rottura della cuffia dei rotatori non si fa riferimento a lesioni muscolari, ma tendinee.
Per trovare la soluzione più efficace parlate con un chirurgo super specialista nelle patologie della spalla, saprà studiare l'iter terapeutico più corretto per ogni paziente.
Terapie conservative come la fisioterapia e l'osteopatia sono una risorsa importante, prima di ricorrere alla chirurgia.
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Lussazione della spalla

5/4/2021

 
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Lussazione della spalla.
Causata nella maggior parte dei casi da un evento traumatico, la #lussazione della #spalla si verifica quando la testa dell’omero fuoriesce totalmente - o parzialmente [sublussazione] - dalla cavità glenoidea.
A seconda della posizione assunta dalla testa dell’omero, si può parlare di:
⟶ lussazione anteriore, più comune;
⟶ lussazione posteriore, meno frequente.
L'attenzione maggiore deve essere posta, oltre che ovviamente sulla manovra di riduzione, sulle conseguenze di una lussazione, e sull'instabilità di spalla dovuta alla iperlassità dei tessuti della cuffia dei rotatori che non sono più in grado di svolgere il loro ruolo di mantenimento delle ossa della spalla nella loro sede naturale.
In caso di lussazione recidivante o di instabilità cronica della spalla, la tecnica artroscopica, sfruttando la sua poca invasività chirurgica, permette di riparare e ritensionare i tendini, centrando nuovamente e correttamente la testa omerale.
Le lussazioni scapolo omerali, le sublussazioni e i danni capsulo-legamentosi vengono riparati sempre tramite infissione di ancorette metalliche o suture intra-ossee con fili molto resistenti.
Se hai subito una lussazione di spalla dovrai fare la riabilitazione
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