DOTT. MARCO PAONESSA, FISIOTERAPIA OSTEOPATIA
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Fisioterapia per la vulvodinia: cos'è e come curarla

14/6/2021

 

Fisioterapia per la vulvodinia: cos'è e come curarla

In questo articolo parleremo di come affrontare con la fisioterapia per la vulvodinia questo tipo di problematica.
Iniziamo a definire meglio cosa si intende per vulva: 
La vulva è la terminazione e l’apertura esterna degli organi genitali femminili esterni, situata nella parte anteriore del perineo, al centro di un complesso di formazioni cutanee di protezione, concentriche l’una all’altra, la più interna delle quali delimita una piccola cavità, detta vestibolo della vagina, nella quale si apre il canale vaginale.
Anatomia
La vulva della donna è sporgente nella parte anteriore perinatale, davanti alla sinfisi pubica, appare come un rilievo impari mediano, di forma piriforme, che inizia a livello della parte superiore della sinfisi pubica e si estende verso il basso lungo le branche ischio-pubiche, terminando a circa 1 centimetro dall’apertura anale.
Questo rilievo, formato da un cuscinetto di cute spessa, prende il nome di monte di Venere, il quale continua in basso con due pliche cutanee pari e simmetriche dette grandi labbra. Il monte di Venere e le grandi labbra sono ricoperte da uno sviluppato apparato pilifero. Al di sotto si trovano altre due pliche cutanee interne, pari ma non sempre simmetriche e prive di apparato pilifero, più sottili, dette piccole labbra o ninfe, che si congiungono in alto in una formazione a piccolo tubercolo sporgente che è la parte ispezionabile degli organi erettili femminili, ossia corpo e glande della clitoride. Le piccole labbra sono sempre nascoste all’interno delle grandi labbra prima della pubertà. Dopo lo sviluppo sessuale possono restare entrocontenute ma più spesso ne sporgono, a volte notevolmente.
La palpazione di queste formazioni alla loro base d’impianto, permette di apprezzare la sede delle parti nascoste degli organi erettili e delle formazioni ghiandolari annesse, chiamate ghiandole vestibolari.

Vulvodinia
La vulvodinia è definibile come un disturbo dei genitali esterni femminili, caratterizzato da labbra vaginali gonfie, irritazione, dolore durante i rapporti e bruciore dopo i rapporti, in assenza di rilevanti segni obiettivi durante la visita ginecologica.
È una condizione molto diffusa, ma anche molto taciuta dalle stesse donne, per imbarazzo o per sfiducia nell’aver tentato diversi approcci terapeutici non andati a buon fine.
Molti tra gli stessi ginecologi hanno ancora le idee molto confuse in merito e molto spesso il problema è affrontato nel modo sbagliato.
A questo punto la donna non si sente legittimata nel provare il suo dolore e talvolta si convince che sia lei ad inventarlo o ad ingigantirlo, sentendosi nello stesso tempo invalidata come donna e inadatta come compagna, creando così un forte disagio psicologico e sociale

Vulvodinia: sintomi e cause
Le cause della vulvodinia non sono ancora note, ma sicuramente alcuni fattori biologici e psicologici influenzano il manifestarsi di questa patologia.

Elementi biologici caratteristici nelle donne che lamentano vulvodinia possono essere:
  • l’incremento di volume nella zona vulvare
  • Aumento del dolore nella zona vulvare.
  • Infezioni genitali, soprattutto se ripetute e non trattate e variazioni ormonali.
  • L’assunzione di contraccettivi ormonali, possono fungere da cofattore determinante l’insorgenza del dolore vaginale.
Sicuramente in una donna con vulvodinia va ricercata la presenza di traumi pregressi; non solo cause fisiche; come lacerazioni durante il parto che hanno lasciato tessuto cicatriziale importante, ma anche cause psichiche, come precedenti abusi o semplicemente rapporti sessuali vissuti male.

Lo stesso vissuto della donna riguardo alla propria sessualità incide sul tono muscolare anche della zona genitale. Basti pensare a quanto siamo contratti in altre parti muscolari del corpo; come le spalle o il tratto cervicale, quando si è sottoposti a stress particolari o semplicemente quando si tengono posture scorrette, con la vulvodinia accade la stessa cosa, ma a livello della muscolatura dell’area vulvare.


Anche i genitali femminili, infatti, sono fatti di muscoli e spesso nelle donne affette da questo disturbo si riscontra un’attivazione neuro-muscolare eccessiva, un “ipertono” muscolare responsabile per esempio del dolore durante i rapporti.

Fisioterapia per la vulvodinia: come curarla
Come prima cosa è fondamentale ridurre i fattori che possono scatenare l’infiammazione e gli stimoli irritativi mettendo al corrente la donna di alcuni consigli utili nella quotidianità. Ad esempio:
  • usare solo biancheria intima in cotone non colorato
  • utilizzare carta igienica morbida, non colorata non profumata (l’aggiunta di coloranti e aromi particolari potrebbe incentivare la nascita della patologia)
  • urinare prima che la vescica sia completamente piena
  • non utilizzare prodotti per l’igiene intima profumati
  • usare solo assorbenti e tamponi in cotone al 100%
  • in caso di rapporto usare sempre un lubrificante idrosolubile e dopo il rapporto urinare e sciacquare la vulva con acqua fredda
Fisioterapia per la vulvodinia: Riabilitazione pavimento pelvico
Oltre alle cure mediche, imprescindibili e che variano da caso a caso, è importante trattare le disfunzioni del pavimento pelvico associate a questa patologia. Con l’aiuto di un fisioterapista si può iniziare un percorso di riabilitazione attraverso esercizi di presa di coscienza e rilassamento del pavimento pelvico al fine di trattare la contrattura pelvica in particolare e la postura a livello globale.

Attraverso l’utilizzo della TENS (Stimolazione Nervosa Elettrica Transcutanea) è possibile cercare di gestire il dolore cronico con specifici e appropriati parametri di stimolazione. Questo tipo di terapia si effettua con appositi apparecchi; una sonda vaginale dal diametro di circa 2 cm e lunghezza di 11 cm, permette di stimolare le terminazioni nervose e “bloccare” le informazioni riguardanti il dolore.

Fisioterapia per la vulvodinia: Tecniche manuali
Esistono poi tecniche molto utili da eseguire manualmente sia da parte del terapista che in autonomia da parte della donna. Per poterle applicare è fondamentale che la donna prenda coscienza di quanto sono tesi i muscoli del suo pavimento pelvico; ogni donna infatti può essere contratta in zone diverse. Per farlo è possibile eseguire esercizi di rilassamento basati su un’attenta analisi della postura e della respirazione di ogni singola donna.

Il massaggio interno vaginale con rilascio dei punti di maggior contrattura muscolare, può essere insegnato dal fisioterapista alla donna e quest’ultima può farlo poi in autonomia. Importante è che il massaggio sia anche esterno poiché ad essere coinvolti non sono solo i muscoli del pavimento pelvico, ma tutti i muscoli della zona del bacino.

Il fisioterapista specializzato può anche utilizzare la terapia manuale viscerale. Tramite la manipolazione si vanno a ripristinare i naturali meccanismi corporei al fine di:
  • Migliorare la funzionalità degli organi,
  • Eliminare gli effetti negativi dello stress,
  • Aumentare la mobilità del sistema viscerale
  • E influire sul metabolismo generale della zona interessata.

Un altro utile strumento sono i dilatatori. Si tratta di oggetti dalla forma affusolata e diametro variabile che il fisioterapista prima e la donna poi inserisce in vagina. Si inizia con dilatatori di piccola taglia per poi aumentare nel tempo le dimensioni e arrivare alla grandezza di un pene; fino a quando la reazione fobica alla quale spesso si assiste con un comportamento di evitamento o di anticipazione del dolore si riduce al minimo o sparisce.
Importante è anche il coinvolgimento del partner; egli può essere portato a conoscenza di queste tecniche con lo scopo di supportare ed aiutare la donna nella continuazione della terapia in maniera autonoma.

Approccio farmacologico
L’approccio farmacologico consiste nell’utilizzo di farmaci antidepressivi triciclici a basso dosaggio, antiepilettici, che hanno un’azione anti-infiammatoria ed un effetto inibitorio sulla percezione del dolore centrale. In alcuni casi si giunge anche al blocco anestetico delle terminazioni nervose, e infiltrazioni di sostanze analgesiche direttamente nell’area del dolore.
Articolo del dott. Fabio Marino
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